MONICA CALI SI PRESENTA
Ho iniziato la mia carriera professionale a Catania nel 1994 come Magistrato di Sorveglianza. Ero tra quei “giudici ragazzini” che all’indomani della strage di Capaci, vennero mandati al Sud a combattere contro il crimine organizzato. Eravamo anche all’indomani della applicazione attiva del c.d. 41 bis o “carcere duro”, quello cioè che non permette ai mafiosi alcun contatto con l’esterno. Come Magistrato di Sorveglianza, dunque addetto essenzialmente alla esecuzione della pena, mi sono occupata principalmente di questo tipo di detenuti. L’ho fatto per ventotto anni sino a luglio 2022 quando sono stata nominata Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Brescia.
Nella mia carriera ho conosciuto, per la verità piuttosto bene, tutti i più grossi esponenti della criminalità organizzata italiana: da Nitto Santa Paola a Francesco Madonia, da Totò Riina a Bernardo Provenzano, da Raffaele Cutolo ad Alessandro Schiavone. Avendo poi avuto una sezione carceraria di collaboratori di giustizia ho avuto modo di completare il quadro sul modus operandi della criminalità organizzata.
Nel 2018 vengo scelta, insieme ad altri colleghi, come giudice esperto in esecuzione penale a partecipare ad un progetto di cooperazione giuridica internazionale denominato EL PAcCTO (Europa-Latino America), inteso ad un coordinamento di aiuto a circa venti paesi sudamericani nella lotta al C.O.
Porto così la mia esperienza oltreoceano incontrando, e quindi collaborando per le loro emergenze nell’esecuzione penale, vari Paesi come Brasile, Perù, Ecuador, Colombia, Uruguay Argentina, con la finalità mirata a trovare modalità efficaci e virtuose per riformare i propri codici e introdurre l’alternativa alla pena in carcere e il regime differenziato come strumenti efficaci, concreti e praticabili, di lotta al Crimine Organizzato.
La lotta la si fa anche con l’inclusione sociale.
Vivo a Desio dal 2016 e sono sposata con un brianzolo DOC, che ama appassionatamente la sua città e per la quale si è assunto un impegno politico. Mi sento quindi «brianzola d’adozione». È dunque una realtà che ben conosco non solo per motivi familiari, ma perché da circa trent’anni seguo le vite dei miei illustri detenuti, circostanze che mi hanno consentito di appurare che in questo contesto territoriale da decenni ormai si è consumato il connubio tra le tre grandi aree di macrodevianza che sono: il crimine organizzato (la ‘ndrangheta) tipico del sud, e la corruzione e l’evasione fiscale tipiche del Nord.
Oggi il volto del Crimine Organizzato è cambiato profondamente, accentuando la propria vocazione imprenditoriale e provocando danni evidenti al nostro sistema socioeconomico, aggravati dal post pandemia (attività investigative in corso già in pieno lockdown hanno fatto emergere come gli appartenenti al crimine organizzato si stavano «attrezzando» per far fronte, naturalmente a modo loro, allo stato di emergenza) danni che si misurano in termini di vulnus al principio del libero mercato, scoraggiamento nella formazione di una imprenditorialità moderna e socialmente responsabile, crescita dell’economia sommersa e, in generale, aumento della sfiducia nelle istituzioni.
Nonostante l’Operazione Infinito, nonostante le indagini successive, oggi la Brianza si impegna ancora poco, come purtroppo emerge dal terzo monitoraggio dell’antimafia in Lombardia (2021) a cura dell’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell’Università degli Studi di Milano, diretto da Fernando Dalla Chiesa, in collaborazione con Polis Lombardia.
La chiacchierata di stasera, dunque, vuole essere un aiuto a conoscere per poter vedere per fare di più per costruire insieme un “capitale sociale” dell’antimafia.