Lettere da un carcere. Racconti e volti di un’amicizia
VENERDì 10 FEBBRAIO 2023, ORE 21.00
IDA MATRONE è sposata e madre di tre figli. Laureata in Lettere Moderne ha insegnato per 38 anni Religione in un Istituto Professionale dell’hinterland milanese. Già da insegnante ha vissuto un rapporto diretto con la realtà carceraria, dedicandosi a progetti che permettessero l’incontro tra il mondo della scuola e quello del carcere. Dal 2010 entra come volontaria dell’Associazione Incontro e Presenza nella II Casa di Reclusione di Bollate.
All’incontro sarà presente DON FABIO FOSSATI, cappellano del carcere di Bollate
«Un libro intenso, intelligente e soprattutto autentico. Costruito attorno al mondo dolente, ma al tempo stesso anche unico e sorprendente del carcere, questo volume dà voce a una lunga esperienza che ha coinvolto per anni decine di detenuti in un rapporto libero e personale. Merito dell’Autrice è di non essere caduta nella trappola di una lettura astratta di una realtà complessa che di continuo sfugge alle diverse letture che, spesso dall’“esterno”, pretendono conoscerla e interpretarla. “Limitandosi” a raccontare con serietà e sincerità ciò che ha visto e incontrato, Ida Matrone, con il coraggio di chi parla in prima persona, aiuta ad accostarsi al vissuto carcerario con l’unico atteggiamento in fondo non violento: quello mosso da un’affezione per l’uomo che, senza negare il male e sottovalutare le colpe, non teme tuttavia di riconoscere il bene a cui ogni essere umano tende, talvolta perfino a sua insaputa».
Silvano Petrosino, docente di Antropologia Filosofica nell’Università Cattolica di Milano
«Dall’incontro con persone detenute si snoda il prezioso racconto di Ida – volontaria dell’associazione Incontro e Presenza, attiva da trent’anni nei penitenziari milanesi – che, in queste pagine, ci fa entrare in contatto con le storie sofferte di chi vive dietro le sbarre del carcere di Bollate. Le lettere di Rocco, Filippo, Claudio e di tante altre persone detenute sono il racconto intimo e sincero di chi sta ritrovando uno sguardo di speranza, in mezzo alla durezza di una condizione detentiva che spesso non incoraggia scelte di bene». Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano